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atto terzo | 185 |
dei di te stesso, e in un de’ tuoi, sentirla.
Tiberio Che parli?
Mamil. A te può la pietá d’Aronte
giovare, (e in breve) piú che a lui la tua.
Bollente or tu di libertá, non vedi
né perigli, né ostacoli: ma puoi
creder tu forse, che a sussister abbia
questo novello, e neppur nato appieno,
mero ideale popolar governo?
Tiberio Che libertade a te impossibil paja,
poiché tu servi, io ’l credo. Ma, di Roma
il concorde voler...
Mamil. Di un’altra Roma
ho il voler poscia udito: io te compiango;
te, che col padre al precipizio corri. —
Ma, Tito vien su l’orme nostre. Ah! forse,
meglio di me, potrá il fratel tuo stesso
il dubbio stato delle cose esporti.
SCENA SECONDA
Tito, Mamilio, Tiberio.
Tiberio Per or nol posso.
Mamil. Immantinente trarmi
ei fuor di Roma debbe: uno assoluto
comando il vuol del vostro padre. — Oh quanto
di voi mi duole, o giovinetti!...
Tiberio Andiamo,
andiam frattanto. — Ad ascoltarti, o Tito,
or ora io riedo.
Tito E che vuol dir costui?
Mamil. Andiam: narrarti io potrò forse in via
quanto il fratel dirti or volea.