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atto secondo 237
Ma tu non m’odi?... Immobil,... muta,... appena

respiri! oh cielo!... Or, che ti dissi? io cieca
dal dolore,... nol so: deh! mi perdona;
deh! madre mia seconda, in te ritorna.
Euric. ... Oh figlia! oh figlia!... A me la morte chiedi?
La morte a me?
Mirra   Non reputarmi ingrata;
né che il dolor de’ mali miei mi tolga
di que’ d’altrui pietade. — Estinta in Cipro
non vuoi vedermi? in breve udrai tu dunque,
ch’io né pur viva pervenni in Epíro.
Euric. Alle orribili nozze andarne invano
presumi adunque. Ai genitori il tutto
corro a narrar...
Mirra   Nol fare, o appien tu perdi
l’amor mio: deh! nol far; ten prego: in nome
del tuo amor, ti scongiuro. — A un cor dolente
sfuggon parole, a cui badar non vuolsi. —
Bastante sfogo (a cui concesso il pari
non ho giammai) mi è stato il pianger teco;
e il parlar di mia doglia: in me giá quindi
addoppiato è il coraggio. — Omai poch’ore
mancano al nuzíal rito solenne:
statti al mio fianco sempre: andiamo: e intanto,
nel necessario alto proposto mio
il vieppiú raffermarmi, a te si aspetta.
Tu del tuo amor piú che materno, e a un tempo
giovar mi dei del fido tuo consiglio.
Tu dei far sí, ch’io saldamente afferri
il partito, che solo orrevol resta.