Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/259

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atto quarto 253
s’oggi perderti affatto erami forza)

questa mia vita per sempre consacro
al tuo dolore, poiché a ciò mi hai scelto.
A pianger teco, ove tu il brami; a farti,
tra giuochi e feste, il tuo cordoglio e il tempo
ingannar, se a te giova; a porre in opra,
a prevenir tutti i desiri tuoi;
a mostrarmiti ognor, qual piú mi vogli,
sposo, amico, fratello, amante, o servo;
ecco, a quant’io son presto: e in ciò soltanto
la mia gloria fia posta e l’esser mio.
Se non potrai me poscia amar tu mai,
parmi esser certo, che odíarmi almeno
neppur potrai.
Mirra   Che parli tu? Deh! meglio
Mirra e te stesso in un conosci e apprezza.
Alle tante tue doti amor sí immenso
v’aggiungi tu, che di ben altro oggetto,
ch’io nol son, ti fa degno. Amor sue fiamme
porrammi in cor, tosto che sgombro ei l’abbia
dal pianto appieno. Indubitabil prova
abbine, ed ampia, oggi in veder ch’io scelgo
d’ogni mio mal te sanator pietoso;
ch’io stimo te, ch’io ad alta voce appello,
Peréo, te sol liberator mio vero.
Pereo D’alta gioja or m’infiammi: il tuo bel labro
tanto mai non mi disse: entro al mio core
stanno in note di fuoco omai scolpiti
questi tuoi dolci accenti. — Ecco venirne
giá i sacerdoti, e la festosa turba,
e i cari nostri genitori. O sposa,
deh! questo istante a te davver sia fausto,
come il piú bello è a me del viver mio!