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370 parere dell’autore

privati cittadini, che príncipi. La favola dell’ira di Venere cagionata dalla superbia materna di Cecri, abbisognerá di spettatori benigni che alquanto si prestino a questa specie di mezzi, poco oramai efficaci tra noi. Confesso tuttavia, che questa madre riesce sul totale alquanto mamma, e ciarliera.

In Euricléa l’autore ha preteso di ritrarre una persona ottima, semplicissima, e non sublime per niuna sua parte. Se ella è tale, perciò appunto piacerá forse, e commoverá. Mi pare che questa Euricléa, bench’essa mi sappia un po’ troppo di balia, si distingua alquanto dal genere comune dei personaggi secondarj, e ch’ella operi in questa tragedia alcuna cosa piú che l’ascoltare. Costei nondimeno pecca come tutte le altre sue simili, nella propria creazione; cioè, ch’ella non è in nulla necessaria alla tessitura dell’azione, poiché si può proceder senz’essa. Ma se pure ella piace e commuove, non si potrá dire inutile affatto: e questo soggetto, piú che nessun altro delle presenti tragedie, potea comportare un tal genere d’inutilitá. Nel farla confidentissima di Mirra osservo però, che l’autore ha avvertito di non farle mai confidare da Mirra il suo orribile amore, per salvare cosí la virtú d’Euricléa, e prolungare la innocenza di Mirra.

Questa tragedia sul totale potrá forse riuscire di un grand’effetto in teatro, perché i personaggi tutti son ottimi; perché mi par piena di semplicitá, di dolci affetti paterni, materni, e amatorj; e perché in somma quel solo amore che inspirerebbe orrore, fa la sua parte nella tragedia cosí tacitamente, che io non lo credo bastante a turbare la puritá delle altre passioni trattatevi; ma può bensí questo amore maravigliosamente servire a spandere sul soggetto quel continuo velo di terrore, che dee pur sempre distinguere la tragedia dalla pastorale. Io, troppo lungamente, e troppo parzialmente forse, ne ho parlato, per esser creduto: altri dunque la giudichi meglio da se, e altri difetti rilevandone, mi faccia sovr’essa ricredere, che io glie ne sarò tenutissimo. Ma fino a quel punto, io la reputo una delle migliori fra queste, benché pure sia quella, in cui l’autore ha potuto meno che in ogni altra abbandonarsi al suo proprio carattere; ed in cui, anzi, ha dovuto contra il suo solito mostrarsi prolisso, garrulo, e tenue.