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atto quarto 43
Saul   Pur troppo,

vero tu parli. Inesplicabil cosa
questo David per me. Non pria veduto
io l’ebbi in Ela, che a’ miei sguardi ei piacque,
ma al cor non mai. Quando ad amarlo io presso
quasi sarei, feroce sdegno piomba
in mezzo, e men divide: il voglio appena
spento, s’io il veggo, ei mi disarma, e colma
di maraviglia tanta, ch’io divento
al suo cospetto un nulla... Ah! questa al certo,
vendetta è questa della man sovrana.
Or comincio a conoscerti, o tremenda
mano... Ma che? donde cagione io cerco?...
Dio, non l’offesi io mai: vendetta è questa
de’ sacerdoti. Egli è stromento David
sacerdotale, iniquo: in Rama ei vide
Samuél moribondo: a lui gli estremi
detti parlava l’implacabil veglio.
Chi sa, chi sa, se il sacro olio celeste,
ond’ei mia fronte unse giá pria, versato
non ha il fellon su la nemica testa?
Forse tu il sai... Parla... Ah! sí, il sai: favella.
Gion. Padre, nol so: ma se pur fosse, io forse
al par di te di ciò tenermi offeso
or non dovrei? non ti son figlio io primo?
Ove tu giaccia co’ tuoi padri, il trono
non destini tu a me? S’io dunque taccio,
chi può farne querela? Assai mi avanza
in coraggio, in virtude, in senno, in tutto,
David: quant’ei piú val, tanto io piú l’amo.
Or, se chi dona e toglie i regni, il desse
a David mai, prova maggior qual altra
poss’io bramarne? ei piú di me n’è degno:
e condottier de’ figli suoi lo appella
ad alte cose Iddio. — Ma intanto, io giuro,
che a te suddito fido egli era sempre,