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66 agide
richiamato, or dovrò con vie coperte

la vendetta pigliarne?
Anfar.   Un velo è forza
porvi: ei genero t’è. Quel dí, che in crudo
esiglio, solo, abbandonato, e privo
del regio serto, fuor di Sparta andavi,
umano ei t’era. Ai percussor feroci
che Agesiláo crudel su l’orme tue
a svenarti inviava, Agide a viva
forza si oppose; e di Tegéa (il rimembri)
salvo al confin ti trasse: in ciò soltanto
non figlio ei d’Agesístrata, ed avverso
apertamente al rio di lei fratello.
Sol del pubblico bene or puoi far dunque
a tua vendetta velo.
Leon.   Infame dono
ei mi fea della vita, il dí ch’espulso
m’ebbe dal seggio; e a vie piú grande oltraggio
recar mel debbo. Ei mi credea nemico
da non piú mai temersi? oggi nel voglio
disingannare appieno. In me raddoppia
l’esser egli mio genero il dispetto.
Genero a me? deh! quale error fu il mio,
d’avere a lui donna dissimil tanto
data in consorte? Ammenda omai null’altra,
che lo spegnerlo, resta. Unica figlia,
Agiziade diletta, a me compagna,
sostegno a me nel duro esiglio l’ebbi.
Abbandonava ella il suo amato sposo,
perché al padre nemico; ella i legami
di natura tenea piú sacri ancora
che quei d’amore: e al fianco mio trar vita
misera volle errante, anzi che al fianco
del mio indegno offensore in trono starsi.
Anfar. Pur, per quanto sia giusto in te lo sdegno,
premilo in petto, se sbramarlo or vuoi.