Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/77

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atto primo 71
e con lui tutto. Al par di noi ciò sanno

i nemici di Sparta, in cui novello
fea rinascer terror dell’armi nostre
Agide solo. Sí, gli Etoli feri,
cui disfar non sapea canuto duce
il grande Aráto co’ suoi prodi Achei,
tremar d’Agide imberbe; antico tanto
spartano egli era. — A non imprender cosa
or contro a lui, Leonida, ti esorto:
che se pur anco, ingiusto spesso, il fato
palma or ten desse, onta non lieve un giorno
ne trarresti dal tempo, e danno espresso
della patria. Non so, se patria un nome
sacro a te sia: ma primo, e forte tanto
nome è fra noi, che se in mio cor sorgesse
un leggier dubbio mai, ch’anco i pensieri,
non che d’Agide l’opre, al ben di Sparta
non fosser volti tutti, io madre, io prima,
il rigor pieno delle sante leggi
implorerei contra il mio figlio. — Or dunque
opra a tuo senno tu: tremar non ponno
Agide mai, né chi a lui dié la vita,
che per la patria lor: tu, benché in armi,
ed in prospera sorte, entro al tuo core
conscio di te, sol per te stesso tremi.
Leon. Donna, sei madre; e d’uom ch’ebbe giá scettro,
il sei; quínd’io ti escuso. In voi temenza
non è; di’ tu? meglio per voi: ma Sparta,
gli efori, ed io, vi diam sol uno intero
giorno, a mostrar questa innocenza vostra,
sempre esaltata e non provata mai.
Esca al fin egli, e se difenda; e accusi
me stesso ei pur, se il vuol: tranne l’asilo,
tutto or gli sta. Ma, se a celarsi ei segue,
digli, che al nuovo dí né Sparta il tiene
piú per suo re, né per collega io il tengo.