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ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Agide.
dal furor di Leonida sottrarre
l’innocenza mia nota, omai non posso
piú rimaner nel vostro tempio. Asilo
volli appo voi, perché la patria inferma
piú violenze, e piú tumulti, e stragi
a soffrir non avesse: or v’ha chi ardisce
a’ miei delitti ascriverlo, al terrore
di giusta pena? ecco, l’asilo io lascio. —
Oh Sparta, oh Sparta!... esser fatal dei sempre
ai veri tuoi liberatori? Ah! data
fosse a me pur la sorte, che al tuo primo
padre eccelso toccò! piú che il perenne
bando, a se stesso da Licurgo imposto,
morte non degna anco scerrei, se al mio
cader vedessi almen rinascer teco
il vigor prisco di tue sacre leggi!...
Ma, chi sí ratto a questa volta?... Oh cielo!
Chi mai veggio? Agizíade? La figlia
di Leonida? oimè!... la mia giá dolce
moglie, che pur mi abbandonò pel padre?