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Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/15

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atto primo 9
si scordano di gloria insino il nome.

* Occhi non han, che per veder perigli1;
* movano ovunque irresoluto il piede,
* trovansi ognor nemici a tergo, e a fronte;
* miseri; nel fuggir credeano scampo
* di ritrovar, e nello scampo han morte;
morte atroce, e crudel, scema d’onore.
Fu dell’invida sorte il colpo avverso;
* l’empia s’avvide, ch’altri non potea,
* se non Antonio istesso, i suoi fugare.
Invan di lui si rintracciaro i passi;
sparí, fu ignoto ad ogni umana gente:
* la fama forse al suo destin pietosa,
* che grande il propagò, vil, lo nascose.
Quel dí fatal, ch’esser dovea d’ognuno,
di noi, l’ultimo giorno, a incerta speme
m’aperse il cuor; credei, ch’a’ piedi almeno
del mio signor, avrei l’inutil vita,
* peso odioso ai vinti, a lui donata.
Quella ch’ad Azio sí onorevol morte
fuggimmi, al Nilo or ritrovar credea.
Ma fin che a noi il suo destin palese
ci renda il cielo, i giorni a lui riserbo.
Felice me, se pur quel dí riveggo,
ove armata la destra in sua difesa,
col mio morir, potrò giovargli ancora!
Cleop. Ma tu con lieve, e fuggitivo stuolo
come approdasti salvo a queste sponde?
Non signoreggia il mar l’accorto Augusto?
E a questa riva, ardimentose, e fiere
non t’inseguir le vincitrici vele?
Canid. Forse dobbiam, regina, il nostro scampo
alle picciole forze, e ’l sol disprezzo
destammo in cuor dell’orgoglioso Augusto.


  1. «L’ho trovato ottimo nell’83»