Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/159

Da Wikisource.

atto terzo 153
padre e marito sei, ma in un sei figlio;

sacri a te sempre i genitori entrambi
sieno; e la destra tua, pegno or mi sia,
che tu vivrai pe’ figli nostri. A un tempo
dall’adorata tua sposa ricevi
alfin l’amplesso estremo.
Adméto   E in quest’amplesso,
sará ver ch’io non spiri?...
Alces.   Amiche donne,
spiccate or voi con dolce forza, io ’l voglio,
da me quest’infelice; e con lui pure,
questi teneri figli. Addio, miei figli. —
Tutto è compiuto omai. Feréo, tua cura
fia di vegliar sul misero mio sposo,
né abbandonarlo mai.
Eúmelo1   Deh, dolce madre,
tu ci abbandoni! e ci han da te disgiunti!
Feréo Tolta a noi tutti ogni favella ha il pianto.
Adméto, oimè, piú di lei semivivo,
d’ogni senso è smarrito. Ancor piú lunge
strasciniamolo, o Donne; al tutto fuori
della vista d’Alceste.
Alces.   O voi, fidate
ancelle mie, prestatemi ancor questo
pietoso ufficio: in queto atto pudico
da voi composte alla morte imminente
sian queste membra torpide...
Il Coro d’Alceste   Oh quai fievoli
accenti manda a stento! Ahi, poco avanza!


  1. Rivolgendosi addietro.