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atto quarto 161
con essa pur le Donne nostre!

Adméto   Alceste!
Alceste, ove se’ tu?
Feréo   Deserto io miro
con maraviglia il loco.
Adméto   O sia verace,
o finto in voi sia lo stupor; le incerte
parole vostre, e lo squallor dei volti,
e il mal represso pianto, aimè, pur troppo,
ogni vostr’atto annichilate immerge
le mie speranze in notte sempiterna.
Piú non esiste Alceste. — E il dolor mio
cosí tu a giuoco ti prendevi, o Alcide?
Nel punto stesso, in cui del tutto è spento
ogni mio ben per sempre, lusingarmi
con artefatti sensi? Oh rabbia! e voi,
voi pure d’ingannarmi vi attentaste?
Dov’è, dov’è? vederla voglio: o estinta,
o semiviva sia, vederla voglio;
precipitarmi, o Alceste, in su l’amato
tuo corpo io voglio, e sovr’esso spirare.
Feréo Deh, ti acqueta; mi ascolta; il ver saprassi
tosto; ma estinta io non la credo.
Il Coro d’Adméto   Or, ecco,
ratte ver noi ritornan le compagne.
Tutto saprai.


SCENA QUARTA

Il Coro d’Alceste, Adméto, Feréo, i figli

e il Coro d’Adméto.

Adméto   Donde venite, o Donne?

Dove ne giste? Alceste, ov’è? da voi
la chieggo, la rivoglio. Or via... Che veggio?
Voi vi turbate; e scolorite, e mute,


 V. Alfieri, Tragedie postume. 11