Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/214

Da Wikisource.
208 abèle
via, venite; posatevi; sediamoci,

tosto che il padre avrá, d’Iddio nel nome,
benedetta quest’esca ch’ei ci dona.
Adamo1   Almo Padre celeste
  che invisibil ci vedi,
  deh tua presenza a queste
  gioje nostre concedi!
  Te, quando spunta il Sole,
  te, quando a mezzo è il corso,
  te, quando il cela
  dell’alto monte il dorso;
  te sempre invoca e vuole
  chi un nulla fora senza tua tutela.
Tutti Quattro
  Almo Padre celeste,
  che invisibil ci vedi,
  deh tua presenza a queste
  gioje nostre concedi.
Adamo Or sediamo, e pasciamoci; or, che ognuno
si è procacciato il vitto suo coll’opra.
Voi, giovinetti, al certo, piú che stanchi
sarete anco affamati. Ad essi pria
dunque ministra, o Donna.
Eva   Oggi v’ho fatto,
dolci miei figli, un ritondetto impasto
di farina e di latte, in su le vive
brage indurato: eccoven parte: io spero
v’abbia a piacer; gustatelo: e daravvi
forza ben altra.
Abèle   Oh buono! o madre mia,
quant’è mai dolce e buono! come dirci
debbo? non so: mai non cen desti.
Caíno   Or tieni,


  1. Adamo, siccome attor tragico, e non cantore, reciterá questi versi lirici con intonazione piú pomposa degli altri, e cantilena lirica, senza pur cantare.