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216 abèle



SCENA QUARTA

Adamo, Eva, Abèle, Lucifero in una nube.

Adamo1 Figli, su, su: dolci miei figli, assai

al riposo donaste. È tempo, è tempo
di render grazie, e cantar lodi a Dio,
pria che all’opra torniate... Ma, che veggio?
Sorto è Caíno giá? sollecito egli,
piú che il padre? Fors’io, piú dell’usato
indugiavami? eh, no: comincia appena
ora una dubbia luce a muover guerra
all’aer nero. — Ove sei tu, Caíno?
Caíno, ove sei tu? — Né pur sua marra
ritrovo al loco consueto! all’opra,
ito egli giá? ma, senza Abèle? e senza
che il benedisse, e l’abbracciasse il padre?
Parmi, ed è, cosa non possibil... Eva,
vieni; e tu pure a rintracciar Caíno
ajutami.
Eva   Che fia? lá piú non giace
d’Abèle al fianco?
Adamo   No; né, intorno intorno
perch’io piú volte ad alta voce il chiami,
ei mi risponde.
Eva   Ah! mi spaventa questo.
Senza il fratel non suole egli mai passo
muovere; e molto men, pria che raggiorni.
Chi sa in qual ora uscisse? udiam, se Abèle
nulla ne sa. Svegliati, o figlio; destati,
che n’è ben tempo.
Abèle2   Oh madre! ah, tu mi salva:
questa tua voce a un rio mostro m’invola:


  1. Sorgendo dallo strato.
  2. Balzato in piedi, corre fra le braccia della madre.