Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/229

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ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Vasta campagna.

Abèle, preceduto da Lucifero invisibile ad esso.

Abèle Ecco, ch’io giá del buon desio su l’orme

tratto mi son fino al deserto piano;
e appena appena ancor la selva io veggo,
che mi lasciai da tergo. Oh quante volte
gridato ho giá, Caín, Caíno! ed egli
di tempo in tempo mi va rispondendo,
né so di donde; e mai veder nol posso.
Or da un lato, or dall’altro, e innanzi spesso
e talor dalle spalle, averlo parmi,
ma vie piú sempre la voce allontanasi,
quant’io m’inoltro piú. — Caín, Caíno:
fratel mio caro...
Lucif.1   Oh! se’ tu quivi, Abèle?
Abèl.2 Sí, son io: deh, ti mostra! — Or, come mai
in cosí vasto e ignudo pian sua voce
suonar mi puote, e ch’io nol vegga? Ah, questa,
questa è per certo inconcepibil cosa.
Caín, Caíno; pregoti, a me vieni;
stanco son io; deh vieni... Ei piú non s’ode.
Ma che fia mai? deh! come solo io sono!


  1. Imitando la voce di Caino.
  2. Volgendosi verso la udita voce.