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46 | antonio e cleopatra |
a’ tuoi piedi n’avrò trionfo, o morte.
Anton. Forse avvilir mi vuoi? forse ti scordi,
che per Antonio preghi, e che l’impero
del mondo tutto una viltá non vale?
Augus. Ardua in ver, ma gloriosa impresa
fu sempre mai il soggiogar se stesso.
Benché, a danno di me, forse riporti
in sul mio cuor questa vittoria illustre,
vie piú grande ne fora ancor l’onore.
Saprassi un dí, nelle future etadi,
ch’Augusto in un sol giorno il mondo ha vinto,
e il vincitor del mondo. Alma regina;
vivi, regna, dividi, e vita, e trono,
se felice lo puoi, col prisco amante.
Colá nel tempio, testimonj i Numi,
e i Romani n’avremo, e il mondo intero,
della non dubbia pace; e lá si giuri,
dell’odio antico, un memorando obblio.
Si mostri Antonio del mio don piú grande;
l’accetti, e sia del donator l’eguale.
San gli imperj acquistar gli eroi communi,
ma sprezzarli non san che Antonio, e Augusto.
SCENA QUARTA
Cleopatra, Antonio.
odio, o disprezzo? ah! non l’amor per certo.
Un trono, allor che di viltade è il prezzo,
mi ricopre d’orror, d’infamia, e d’onta.
Io giá ritrassi ogni pensier dal soglio,
e piú intrepido il guardo ho volto a morte.
Smentisca il ciel li vaticinj miei;
ma, se non erro, un dí, la morte ancora