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Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/54

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48 antonio e cleopatra



SCENA QUINTA

Cleopatra.

No, che non vai, credulo amante, al tempio;

bensí ne vai a inaspettata morte...
Ritrovi morte, e tradimento atroce,
dove vita attendevi, amore, e pace...
Come? rimorsi ancor? Lungi n’andate,
vili, da me... a intimorir n’andate
i cuor deboli, e stolti; o in me tacete...
Abbandonarti, o trono, allor che il piede
innalzo giá, per risalirti, altera?
Ah! ciò non fia: perisca Antonio, pera
il mondo tutto, pria che lasciarti mai.
Ma qual braccio adoprar?... Ecco Diomede.


SCENA SESTA

Cleopatra, Diomede.

Cleop. Il ciel t’invia, Diomede; a lui ministro

dell’ire sue ti vuole: oggi perire
Antonio deve: il vuol l’onor, la gloria
di me tradita, e il vuol la pace ancora,
la sicurezza, e lo splendor d’Egitto.
Piú della tua, non ho destra, né fida,
né ardita. Antonio passerá a momenti
per quel sentiero oscur, che dalla reggia
al tempio mena, e lá cada trafitto.
Eccoti il ferro; ei lo ravvisi, e sappia,
che quella man, che a lui fu cara un giorno,
alla tua l’affidò, oggi, a svenarlo;
e sappia ancor, che non s’insulta invano
una regina, e donna: egli mi volle
per la pace scambiar serva d’Augusto;