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Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/9

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ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Cleopatra, Ismene.

Cleop. Che farò?... Giusti Dei... scampo non veggo

ad isfuggire il precipizio orrendo:
ogni stato, benché meschino, e vile,
mi raffiguro in mente; ogni periglio
stolta ravviso, e niun, fra tanti, ardisco
affrontare, o fuggir: dubbj crudeli
* squarcianmi il petto, e non mi fan morire,
* né mi lasciano pur riposo, e vita.
Raccapriccio d’orror; l’onore, il regno
prezzo non son d’un tradimento atroce;
ambo mi par d’aver perduti; e Antonio,
Antonio, sí, vedo talor fra l’ombre
gridar vendetta, e strascinarmi seco.
* Tanto dunque, o rimorsi, è il poter vostro?
Ismene S’hai pietá di te stessa, i moti affrena
d’un disperato cuor; d’altro non temi,
che non piú riveder quel fido amante?
Ma ignori ancor, se vincitore, o vinto,
se viva, o no...
Cleop.   E s’ei vivesse ancora,
con qual fronte, in qual modo, a lui davanti
presentarmi potrò, se l’ho tradito?