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atto secondo 185
Argia   Or sí, ch’io in ver colpevol fora;

or degna io, sí, d’ogni martir piú crudo,
se per timor negare opra sí santa
osassi. — Iniquo re, sappi il mio nome;
godine, esulta...
Antig.   Ah! taci...
Argia   Io son d’Adrasto
figlia; sposa son io di Polinice;
Argía.
Emone   Che sento?
Creon.   Oh degna coppia! Il cielo
oggi v’ha poste in mano mia: ministro
a sue vendette oggi m’ha il ciel prescelto. —
Ma tu, tenera sposa, il dolce frutto
teco non rechi dell’amor tuo breve?
Madre pur sei di un pargoletto erede
di Tebe; ov’è? d’Edippo è sangue anch’egli:
Tebe lo aspetta.
Emone   Inorridisco,... fremo...
O tu, che un figlio anco perdesti, ardisci
con motti esacerbar di madre il duolo?
Piange l’una il fratel, l’altra il marito;
tu le deridi? Oh cielo!
Antig.   Oh! di un tal padre
non degno figlio tu! taci; coi preghi
non ci avvilire omai: prova è non dubbia
d’alta innocenza, esser di morte afflitte
dove Creonte è il re.
Creon.   Tua rabbia imbelle
esala pur; me non offendi: sprezza,
purché l’abbi, la morte.
Argia   In me, deh! volgi
il tuo furore, in me. Quí sola io venni,
sconosciuta, di furto: in queste soglie
di notte entrai, per ischernir tua legge.
Di velenoso sdegno, è ver, che avea