Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/264

Da Wikisource.
258 mirra
l’ultimo dono, ond’io ti prego... Ah! pensa;

che se tu stesso, e di tua propria mano,
me non uccidi, a morir della mia
omai mi serbi, ed a null’altro.
Ciniro   Oh figlia!...
Cecri Oh parole!... Oh dolor!... Deh! tu sei padre;
padre tu sei;... perché innasprirla?... Or forse
non è abbastanza misera?... Ben vedi,
mal di se stessa è donna; ad ogni istante
fuor di se stessa è dal dolore...
Euric.   O Mirra...
Figlia,... e non m’odi?... Parlar,... pel gran pianto,...
non posso...
Ciniro   Oh stato!... A sí terribil vista
non reggo... Ah! sí, padre pur troppo io sono;
e di tutti il piú misero... Mi sforza
giá, piú che l’ira, or la pietá. Mi traggo
a pianger solo altrove. Ah! voi sovr’essa
vegliate intanto. — In se tornata, in breve,
ella udrá poscia favellarle il padre.


SCENA SESTA

Cecri, Mirra, Euriclea.

Euric. Ecco, di nuovo ella i sensi ripiglia...

Cecri Buona Euricléa, con lei lasciami sola;
parlarle voglio.


SCENA SETTIMA

Cecri, Mirra.

Mirra   — Uscito è il padre?... Ei dunque,

ei di uccidermi niega?... Deh! pietosa
dammi tu, madre, un ferro; ah! sí; se l’ombra