Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/227

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atto terzo 221
Adamo1   Padre e Signor, salvezza nostra e luce;

  tutto sai, tutto vedi,
  né cosa avvien che il tuo voler non sia:
  se dunque falsa or credi
  la cagion che tai tenebre ne adduce,
  un soffio tuo la sforzi a sparir via:
  ma se infortunio vero a noi traluce,
  Sommo Fattor, concedi,
  non di sottrarcen, che ogni mal mertiamo,
  ma di saper noi pria
  per qual di noi piú paventar dobbiamo.
La voce d’Iddio2
  Sorgi, Adamo. Non sono a me i tuoi preghi
  discari, no: ma irrevocabil legge
  vuol che al Destin ti pieghi,
  che i casi vostri imperíoso regge.3
Coro d’Angeli invisibili
  Adamo, un uom tu sei:
  cede al Destino ogni creata cosa;
  e tu pur ceder dei.
  Meglio in Dio, che in tutt’altro, il cor si posa.
Una voce del Coro
  Né arene il mar cotante,
  né stelle ha il cielo, quante
  verran da voi le umane creature.
  Vedrá coperto appieno
  la Terra il suo gran seno
  di genti innumerabili future.
Un’altra voce
  Ma in un con lor creata
  dei mali e beni loro
  la somma immensa, è dal Destin librata.


  1. Quí pure, previa una breve armonia istrumentale, Adamo intuonerá questa preghiera con cantilena lirica.
  2. Precedono lampi e tuoni.
  3. Lampi, e tuoni