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di vittorio alfieri 85


LXXIX [cix].1

Piaceri senesi.

Due Gori, un Bianchi e mezzo un arciprete;
Una Carlotta bella, e cocciutina;
Una gentil Teresa, un po’ di Nina,
4Fan sí ch’io trovo in Siena almen quiete.2


  1. Siena può vantarsi di essere stata la città italiana piú amata dall’A., dopo Firenze; allorquando, ragazzo a cui era stata lasciata la briglia sul collo, percorse, o meglio, galoppò traverso le principali città italiane, una di quelle che maggiormente colpí il suo spirito fu Siena: «Benché il locale non me ne piacesse gran fatto», scrive egli al cap. 1° dell’ep. III dell’Autobiografia, «pure tanta è la forza del bello e del vero, che io mi sentii quasi un vivo raggio che mi rischiarava ad un tratto la mente, e una dolcissima lusinga agli orecchi e al cuore, nell’udire le piú infime persone cosí soavemente e con tanta eleganza e proprietà favellare». Vi tornò nel ’77, e «sempre benedisse quel punto in cui ci capitò, perché in codesta città combinò un crocchietto di sei o sette individui dotati di un senno, giudizio, gusto e cultura da non credersi in cosí picciol paese». (Aut., IV, 4°). Ma di questi, sebbene con tutti stringesse affettuosa relazione (come può vedersi dall’epistolario), l’amico prediletto dell’A. divenne Francesco Gori-Gandellini, in casa del quale, in via di Pantaneto, (oggi via Ricasoli) abitò qualche tempo. Il Gori fu di professione mercante, ma amava coltivare il suo spirito con lo studio delle lettere e, soprattutto, delle arti belle: anzi, per suo passatempo, compose una descrizione delle piú insigni pitture di Siena, rimasta inedita, nonostante gli incoraggiamenti dell’A. a pubblicarla. Questi, nel 1782, dedicò all’amico, da cui si attendeva «lode scevra di adulazione e biasimo scevro di livore», l’Antigone; e, quando il Gori fu morto, (3 settembre 1783), la Congiura de’ Pazzi «quintessenza del suo forte e sublime pensare»: di piú, scrisse, per onorarne la memoria, il dialogo La virtú sconosciuta e volle lui stesso comporre l’epigrafe che fu posta nella chiesa di San Giovanni in Pantaneto.
  2. 1-4. Due Gori; Francesco e Pietro; questi era un poco piú vecchio dell’altro, e morí qualche tempo avanti di lui: da quel che dice l’A., sembrerebbe anzi che dall’improvvisa morte di Pietro ricevesse tal colpo l’ottimo Francesco che di lí a poco ebbe a seguirlo. — Un Bianchi; Mario Bianchi, nato a Siena nel 1756, cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano, e poeta di scarso valore: l’A. ebbe con lui attiva corrispondenza, fu suo ospite nella villa di Montechiaro in Valdarbia, ed ivi compose l’Oreste; allorché fu morto, nel 1796, il Poetà inviò un sonetto consolatorio, riprodotto in questa edizione, a Teresa Mocenni, che ne era stata per lungo tempo l’amica: il mezzo arciprete è Ansano Luti, nobile senese, uomo di vasta dottrina, lettore di ordinaria canonica e dal 1797 Provveditore dell’Università di Siena. In fatto di religione era assai spregiudicato, e i suoi dubbi l’accompagnarono fino all’ultimo tempo della vita: «Dites moi, je vous prie», scriveva la Contessa d’Albany al cavalier Alessandro Cerretani di Siena il 28 febbr. 1807, tre giorni dopo in morte del Luti», si l’Archiprète est mort tranquillement, car il m’a paru qu’il n’étoit pas très-ferme dans ses principes: il etoit combattu...» Probabilmente la curiosa espressione dell’A. si riferisce proprio alla maniera di pensare del Luti, che lo poneva in contrasto con l’abito ecclesiastico che vestiva. A proposito della Carlotta non è possibile dire chi fosse; ma quel cocciutina potrebbe far supporre che questa, fosse fanciulla o maritata, respingesse ostinatamente proposte amorose fattele o dall’A. o da altra persona del medesimo crocchio. La gentil Teresa è Teresa Regoli, malamente sposata ad Ansano Mocenni: in casa sua raccoglievasi quanto di meglio aveva la città e quanto di buono capitava a Siena di fuori. «In quella cou-