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di vittorio alfieri 193


Né il bel Pensar, che l’uom par tanto onora,
8 Né gli affetti, né il Dir, mai gli vien manco.1
Ma tu, solinga infra le selve e i colli
Dove serpeggin chiare acque sonanti,
11 Tuoi figli ivi di nettare satolli.
Ben tutto io deggio ai tuoi divini incanti,
Che spesso gli occhi a me primier fan molli,
14 Perch’io poi mieta a forza gli altrui pianti.2


CXCVIII.3

Sosterrà impavido i rigori dell’avversa fortuna.

Povero, e quasi anco indigente,4 or vuoi
Ch’io pur diventi, o ingiusta Sorte? e sia:
Fammi anche infermo: e serbami a la ria
4 Esul5 vecchiezza, ed ai fastidj suoi:
Non perciò tor me stesso a me tu puoi;
Che il durar contro a’ guai gloria mi fia.6
Sol v’ha tre strali,7 a cui né lieta pria
8 Mi avresti avvezzo mai, né avversa poi:
L’onor piagato, che di morte è scoglio;8
Libertà, non che tolta, anco scemata;
11 E di perder mia Donna il fier cordoglio.
All’Onor sopravvivere, bennata
Alma non deggio: a Libertà, nol voglio:
11 Non posso sopravvivere all’Amata.


  1. 7-8. La costruzione di questi due versi è a senso, che, piú essendo i soggetti, il verbo dovrebb’essere al plurale: ma ciò non turba la fluidità dei versi né oscura il pensiero.
  2. 13-14. L’A. allude alle sue tragedie, composte il piú delle volte, come dice egli stesso nell’Autobiografia in un continuo pianto: era davvero un mettere in pratica l’oraziano (Arte poetica, 102 seg.):
    Si vis me flere, dolendum est
    Primum ipsi tibi.
  3. Nel ms.: «10 giugno, all’Imperiale».
  4. 1. Povero è chi manca della ricchezza, indigente chi non ha le cose piú necessarie.
  5. 4. Esule, che è quasi fuori della vita, che è tra la vita e la morte.
  6. 6. Bel verso, che ricorda il dantesco (Par., XVII, 23 e seg.):
    .... io mi senta
    Ben tetragono ai colpi di ventura.
  7. 7. E anche la voce ‘strali, richiama al verso di Dante (Par., XVII, 56 e seg.):
    E questo è quello strale
    Che l’arco dell’esilio pria saetta.
  8. 9. Di morte è scoglio, scoglio mortale.
 Alfieri, Rime varie. 13