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di vittorio alfieri 279


IV [xxxi].1

Fosco, losco e non Tòsco2
Ben ti conosco:
Se pan tu avessi, non avresti tòsco.3


V [xiii].4

Uom di corte e di fede?
Cieco è chi ’l vede.


VI [xiv].5

Il Papa è papa e re:
Dessi abborrir per tre.


VII [xviii].6

Io professor dell’università,
Udita e vista la temerità
D’un certo Alfieri, che stampando va


  1. «Mi era scordato di dirle che abbiamo qui in Siena il Zacchiroli, che fa il suo solito ufficio di sparlare delle persone dietro e lodarle in faccia. Corre per Siena de’ Sonetti suoi e delle lettere francesi e dei dialoghi in cui egli mi canzona sulle mie tragedie. Io, per dire il vero, non me ne do gran fastidio, tuttavia, per dar segno di vita, gli ho lasciato andare tre versetti soli, che mi pare non meriti di piú, se pure egli merita tanto». Cosí scriveva l’A. all’Albergati il 4 settembre 1783, e i tre versetti sono quelli surriferiti, che nel ms. sono privi di data.
  2. 1. Non Tòsco, perché lo Zacchiroli non era di Siena.
  3. 9. Se io ti pagassi, tu non saresti cosí velenoso contro di me.
  4. Senza data, ma, secondo il Renier (Op. cit., LXXVI), del 1783.
  5. Anche questo epigr. è nel ms. senza data, ma anch’esso fu composto nel 1783.
  6. La persona contro cui è dir. questo epigramma, in forma solenne di editto regale, è G. M. Lampredi, nato nel 1732 presso Firenze, professore di diritto pubblico all’Università di Pisa, compilatore di un codice di leggi per la Toscana, autore di numerose opere di vario soggetto, e morto nel 1793. Egli scrisse due lettere critiche, una sulla Virginia dell’A., il 31 ott. 1777, la seconda sull’Oreste, il 30 gennaio dell’anno dopo (furono pubblicate dal Milanesi, in appendice alle tragedie dell’A., Firenze, Le Monnier, 1855, vol. II, 571-74), e proprio queste suscitarono l’ira del nostro Poeta, sebbene la critica fosse nella forma piú urbana e piú lusinghevole: dice al termine della prima di esse, il Lampredi, dopo aver fatta notare qualche mendarella: «Questa sua eccellente produzione non va abbandonata; è bella, ma bella davvero, e le farà acquistare una gloria infinita. Non conosco tra gli scrittori italiani chi possa far meglio; ed i dialoghi di questa tragedia sono divini».