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Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu/253

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ATTO SECONDO 249

Pur l’orribil divieto; e s’io non era, 170
Mai calpestato non l’avria. Delitto
È di chi ’l pensa: a chi l’ordisce spetta
La pena....

Antigone.

A lei fè non prestar: pietade
La fà mentir inopportuna, e vana.
Di furto, è ver, pos’ella il piede in questa 175
Reggia; ma non sapea la cruda legge.
Me quì cercava; e timida, tremante
La fatal urna dell’amor suo dolce
Chiedea da me. Vedi, se in Argo giunta
Dell’inuman divieto era la fama. 180
I’ non vo’ dir, che già non t’odiass’ella;
(Chi non t’odia?) ma pur di te temea.
Da te fuggir coll’ottenuto pegno
Del cener sacro; agli occhj tuoi sperava,
Semplice troppo, ella sottrarsi, e in Argo 185
Gli amati avanzi riportar. — Non io,
Non io così, che al tuo cospetto innante