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Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu/267

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ATTO TERZO 263


Un dì poscia sia tuo.

Emone.

Pensier di Regno,
T’inganni, in lei loco non ha, tel giuro.
Pensier di Regno entro il tuo cor stan tutti;
Quindi non sai, nè puoi saper per prova 85
L’alta possa d’amor, cui debil freno,
Sia pur qual vuolsi, è la ragion. Nemica
Tu non stimavi Antigone, che amante
Io n’era già: cessar d’amarla poscia
Non stava in me: tacer poteami, e tacqui; 90
Nè parlerei, se tu costretto, o Padre,
Non mi v’avessi. — Oh Cielo! A infame scure
Porgerà il collo?... Ed io soffrirlo?... Ed io
Vederlo? — Ah! tu, se rimirar potessi
Con men superbo, ed offuscato sguardo 95
Suo nobil cor, l’alto pensar, sue rare
Sublimi doti, ah sì, tu stesso, o Padre,
Tu al par di me, di me più ne saresti
Ammirator. Chi sotto il crudo Impero
D’Eteocle mostrossi amico in Tebe 100