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120 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1767] In questa mia seconda dimora in Roma fui introdotto al Papa, effe era allora Clemente XIII, bel vecchio, e di una veneranda maestà; la quale, aggiunta alla magnificenza locale del palazzo di Montecavallo, fece sì che non mi cagionò punto ribrezzo la solita prosternazione e il bacio del piede, benchè io avessi letta la Storia Ecclesiastica, e sapessi il giusto valore di quel piede.

Per mezzo poi del predetto Conte di Rivera, io intavolai e riuscii il mio terzo raggiro presso la Corte paterna di Torino, per ottenere la permissione di un secondo anno di viaggi in cui destinava di vedere la Francia, l’Inghilterra, e l’Olanda; nomi che mi suonavano maraviglia e diletto nella mia giovinezza inesperta. E anche questo terzo raggiretto mi riuscì; onde, ottenuto quell’anno più, per tutto il 1768 in circa io mi trovava in piena libertà e certezza di poter correre il mondo. Ma nacque allora una piccola difficoltà, la quale mi contristò lungamente. Il mio Curatore, col quale non si era mai entrato in conti, e che non mi avea mai fatto vedere in chiaro con esattezza quello ch’io m’avessi d’entrata; dandomi parole diverse ed ambigue, ed ora accordandomi danari, ora no; mi scrisse in quell’occasione