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90 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1764] bene nè in male, che mi facesse essere o più o meno o diverso da tutti gli altri compagni. Che codesta distinzione era ingiusta ed odiosa, e mi rendeva lo scherno degli altri; che se pareva al Sig. Governatore ch’io non fossi d’età nè di costumi da poter far come gli altri del Primo, egli mi poteva rimettere nel secondo Appartamento. Dopo tutte queste mie arroganze mi toccò un arresto così lungo, che ci stetti da tre mesi e più, e fra gli altri tutto l’intero Carnevale del 1764. Io mi ostinai sempre più a non voler mai domandare d’esser liberato, e così arrabbiando e persistendo, credo che vi sarei marcito, ma non piegatomi mai. Quasi tutto il giorno dormiva; poi verso la sera mi alzava da letto, e fattomi portare una materassa vicino al camminetto, mi vi sdrajava su per terra; e non volendo più ricevere il pranzo solito dell’Accademia, che mi facevano portar in camera, io mi cucinava da me a quel fuoco della polenta, e altre cose simili. Non mi lasciava più pettinare, nè mi vestiva, ed era ridotto come un ragazzo salvatico. Mi era inibito l’uscire di camera; ma lasciavano pure venire quei miei amici di fuori a visitarmi; i fidi compagni di quelle eroiche cavalcate. Ma io allora sordo e muto, e quasi un cor-