Pagina:Alfieri - Vita, II, Londra, 1804.djvu/34

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b4 VITA DI VITTORIO ALFIERI. 1775. scilrate nelle mie laboriose letture la proSà, ch’egli dottamente denominava la nutrice del verso. Mi sovviene a questo proposito, che un tal giorno egli mi portò II Galateo del Casa, raccomandandomi di ben meditarlo quanto ai modi, che certo ben pretti toscani erano, ed il contrario d’ogiii franceseria. Io, che da ragazzo lo aveva ( come abbiam fatto tutti ) male letto, poco inteso, e niente gustatolo, mi tenni quasiché offeso di questo puerile o pedantesco consiglio. Onde, pieno di mal talento contro quel Galateo, lo apersi. Ed alla vista di quel primo Conciossiacosaché, a cui poi si accoda quel lungo periodo cotanto pomposo e si poco sugoso, mi prese un tal impeto di collera, che scagliato per la finestra il libro, gridai quasi maniaco:» Ella è pur dura e stucchevole ne»9 cessità, che per iscrivere tragedie in età di»> venzett’anni mi convenga ingojare di nuovo n codeste baje fanciullesche,e prosciugarmi il»j cervello con si fatte pedanterie. n Sorrise di questo mio poetico ineducato furore; e mi profetizzò che io leggerei poi il Galateo, e più d’una volta. E cosi fu in fatti; ma parecchi anni dopo, quando poi mi era ben bene incallite le spalle ed il collo a sopportare il giogo grammatico. E non il solo Galateo, ma presso