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nona 185

Le Pastorelle co’ begli occhi glauchi
     Guatanli, e i suon destar tentan più rudi
     639Dal fondo sordo de’ timballi rauchi;
Che appena osan toccar i brandi ignudi,
     E le deformi per le svelte schegge
     642Armi temprate su le Prusse incudi.
Dolce ubbidire a te. Con aurea legge,
     Che l’aspro fren del rigor sommo abborre,
     645L’altrui Fé annodi, e Dio la tua protegge;
Che al maggior uopo i desir tuoi precorre,
     E fa, che in te forza divina alberghi,
     648Qual del Libano già nell’alta torre,
Dalla cui fronte, e da’ marmorei terghi
     Pendean le targhe alla difesa pronte
     651Degli Eroi prodi, e risplendenti usberghi.
Te applaude sorto dalla Sveva fonte
     L’Istro, ed umìli a te volge i suoi flutti,
     654Avvezzi a scuoter di Trajano il Ponte;
Per te l’Elba i carpinei archi ridutti
     In lorda polve innalza, e obblìa gli scherni
     657Della rea sorte, e i memorabil lutti;
E la Senna, cui diéro i Fati eterni
     Gloria, che uguale in terra e in mar rimbombe,
     660Intrecciati offre a te gli allori alterni.
Oh potess’io fra questi, a cui le tombe
     L’ira affrettò, laceri busti e smorti,
     663E fra gli sparsi al suol timpani e trombe,
Erger mole, che al Tempo ingiuria porti,
     E fabbro a’ tuoi trionfi industre farme!
     666D’insegne l’ornerei tolte ai più forti,
E scolto in essa io lascerei tal carme:
     Qui fra i gelidi corpi, e le querele
     669De’ semivivi, e il muto orror dell’arme