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Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/241

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undecima 219

Lasciai su queste solitudin crude?
     Chi ad Amennira alzò tomba sì grande
     150In terre d’ogni ancor vil pianta ignude?
O forse il nome addita altra, che spande
     Pari onor, Donna estinta, ed a me sembra,
     153Che sue sieno le offerte altrui ghirlande?
Ma qual altra in virtude egual rassembra
     A lei, che amore e morte in cor mi pose?
     156E di chi son quelle infelici membra?
Quelle son, che tu amasti, ella ripose.
     Della subita voce al colpo amaro
     159L’Alma mia quasi in sè tutta s’ascose;
E i nervi da quel suon scossi tremáro;
     Divenne il guardo agli occhi miei rubello,
     162Che improvvise caligini annebbiáro.
Ma sciolte l’ombre da valor novello,
     Che a me, come nol so, diè forza, io vidi
     165Ritta fra i venti su l’opaco avello
D’Amennira la forma, e ai segni fidi
     La riconobbi. Era il medesmo e vago
     168Volto, che m’infiammò ne’ patrii lidi;
L’aria stessa e il color: non avea pago,
     Nè mesto, ma tranquillo il viso grave,
     171E maggior dell’antica era l’immago.
La mente, che le larve oscure pave,
     Dal leggiadro sentì Spettro diffusa
     174Maravigliosa in sè luce soave;
E dalla piena calma al core infusa
     Argomentò, che quella fosse un’Alma
     177O dal Ciel scesa, o in pace a viver usa.
Fiso io guardava l’impalpabil salma,
     Ch’ove avvien, che il vel doppio in sen trabocchi,
     180Stretta avea l’una insieme all’altra palma,