Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/263

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duodecima 241

Curvai a terra le ginocchia, e accenso
     Di cocente desìo non mai distolsi
     315Gli occhi dal varcar oltre all’aere denso.
Per invincibil forza un sospir sciolsi
     Dal cor profondo; e in quel sospir la sola
     318Spiegai mia brama. All’Angiol poi mi volsi,
E questa mi sfuggì tronca parola:
     Ah! se.... e lo sguardo lassù fiso io tenni;
     321E l’Angiol mi soggiunse: Alzati, e vola.
Tanto allor leve in un balen divenni,
     E sì rapidamente al Ciel poggiai,
     324Che nulla idea della gran via ritenni.
So che con l’Angel fido io mi trovai
     Nel loco, dove Amor in sè beato
     327Di sè bea l’Alme, e non s’estingue mai.
Già sovrumano avea vigore armato
     Gli occhi miei lassi a sostener l’acuto
     330Colpo dei rai da centri d’or vibrato.
Io vedea sì; ma fuor del pronto ajuto
     Dell’Angiol non salìa cognita immago
     333Nel mio intelletto di chiarezza muto.
A me pensoso, e d’appressarmi vago
     Alla Cagion delle cagioni eterna
     336Appresentossi d’adamante un lago,
Oltre cui si scorgea dentro un’interna
     Iride, che cent’iridi produce,
     339Una irraggiata più Sede superna,
E Dio il gran Padre, ov’essa più riluce,
     Su quella assiso, altrui mostrando grave
     342Il volto, ch’era insieme e volto e luce.
Ei col piè, che le nubi ondifer’ave
     Per suolo, i fulmin calpestava e i tuoni.
     345Ministri d’ira a chi non l’ama, e pave