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Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/62

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Parte dall’igneo spron de’ lor furori
     Balzata fu sovra l’infauste cime
     186Fra il lezzo vil de’ scellerati amori:
E ben raro è fra lor, cui tanta imprime
     Il Ciel luce nel cor, che l’empia terra
     189Fugga, e ricalchi le vestigie prime.
Perchè mille in sè il monte alto disserra
     Simili a questa vorticose scale,
     192Che i ciechi abitator guidan sotterra;
E ad essi par, che presti a scender l’ale
     Del lordo immaginar l’impeto e il pondo,
     195Contro cui la ragion vinta non vale.
Varcan da un imo loco a più profondo,
     Che varj piani un sotto all’altro pose
     198Di varie ingorde voglie Amor fecondo.
Ivi pasconsi ognor delle fangose
     Delizie, che l’infame donna Assira
     201Nell’ingannevol suo calice ascose;
Poi giunti al pian estremo, in cui s’aggira
     Notte alle colpe amica, e falsa pace
     204Mista di Dio coll’implacabil ira,
Dietro al costume iniquamente audace
     Piomban entro l’ultore eterno foco
     207Col verme eterno in lor, che mai non tace.
Or ecco aperto a te l’amaro loco,
     Che all’ostinato alletta ardir nel fallo
     210Color, che il mal oprar hanno per gioco;
Questi il cor guasti da indomabil callo
     Vivon lieti quaggiù per far poi varco
     213Al carcer chiuso da invincibil vallo.
Tacque; ed io che il seguía di pensier carco
     Pavidi m’affrettai pur col piè lasso.
     216Che della scala giunsi all’ultim’arco;