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sotto specie di vituperarla, non si poteva fare alla casa di Savoia più grande elogio).

Capisco le invettive alla mente, vasta sì ma traviata dell'ex abate Gioberti; capisco i dardi contro il famoso conte di Cavour, quasi Giano bifronte del satanico Mazzini. E per noi italiani non è senza profonda significazione che i gesuiti riconoscano questo nel conte di Cavour: che egli fu autore del gran fatto dell'unità d'Italia: appunto colui che il popolo d’Italia meno conosce o riconosce, che i repubblicani, da Brofferio, da Guerrazzi al Crispi nominarono sempre a denti stretti. Non parlo di Garibaldi e di Mazzini che gli furono cordialmente avversi.

Quest'uomo dal genio equilibrato fra la idealità e la realtà, fra l'audacia e la prudenza, apparso in una terra di fanatici o di molto apatici in materia politica, appose la sua firma alla cambiale della Rivoluzione, e la fece passare allo sconto delle Potenze d’Europa, chè con la firma del Mazzini, probabilmente, mai non sarebbe passata.