Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/114

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102 Dialogo Terzo.

che ci pentiate, vedrete che ad esso lui ne avete fenza dubbio avuto i maggiori nel corfo della vostra vita. Io veggo bene, dilV ella, che voi fiete più amico del tatto, che del Defcartes, e che non vi iì potrà propor dubbio, che voi non fiate pronto a ri ibi vere con e ilo. Vi degli altri dubbj, rifpos’io, intorno alla viflone, che io vi rifolverò fcnz’eflò, acciò vediate, che io non fono poi cosi fcarfo di fpiegazioni. Uno di quelli potrebbe per avventura ch’ere, cjual mutazione debba far fi nell’occhio per vedere diitintamente gli Oggetti pofH in varie diftanze. Imperciocché ficcomeabbiam detto nella camera ofcura l’unione de’raggi degli oggetti più vicini fai fi a una maggior diitanza dalla lente, che l’unione de’ raggi degli oggetti più lontani; così l’iiteilo fuccede affatto nell’occhio, in cui l’unione de’ raggi, che vengono dalle colonne di quella loggia, fi fa a una maggior diitanza dall’umor criliallino, che l’unione de’ raggi di quegli alberi, che ne fon più. lontani. Qual mutazione adunque bifognerà egli, che fi faccia nell’occhio, acciò guardando noi a quegli alberi dopo aver guardato a quelle colonne, i raggi che vengono da efli si uniscano. folla retina, che vale a dire acciò li veggi amo didimamente? Bifognerà, di fs’ella, far avvicinar la retina all’umor criliallino, ficcome per aver l’immagine diihnta degli oggetti più lontani av vicinar conviene la carta alla lente nella camera oscura. La fpiegazionc, rispos’io, l’avete trovata voi,