Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/152

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140 Dialogo Terzo.

-re quel Gentiluomo noiho vicino, che mi fa la grazia di recitarmi, ogni vifka che mi fa, i Sonetti per centurie, e trova. poi anco fempre il luogo per qualche Canzone. Come faremo noi mai per liberarcene? Vi farà egli qualche pietofo voi ice, che fel rapifea, e Io levi dal noltro fiftema? Noi faremo, rifros* io, in mancanza del vortice con luì, ciò che io feci non i guari con un Matematico, il quale à un vizio non molto familiare per altro a quella forca di gente d’efler loquacifllmo, e di volervi trattenere delle più aftrufe cofe della Geometrìa, quando voi patteggiate co’ voflri amici, difeorrendo della Patria di Koulican, o d’altra firn il cofa, che poco importa. Avendomi un giorno collui affai ito con alcuni altri, ch’erano meco in un Giardino, fi preparava già, fìccome dirnoflxava la fua aria, di farne l’ultimo ftrazio colle fue dimollrazioni, eco’fuoi corollari. Io e gli altri, che lo conofeevamo perfettamente, a forza di parlar di Poefia, e di citar pam" de’ Poeti, linguaggio ch’egli non intendeva, fenza lafciargli giammai aprir bocca, ri ufeimrr.o in una delle più difficili ìntraprefe, com’era quella, di non efler. infastiditi, e d’infallidire anzi uno de* più failidiofi del Mondo. Ora noi noti abbiamo che a feguitare a parlar di Filofofia, e vi a (Tic uro, che il vollro Sonettajo avrà la forte del mio Matematico. Cosi fu fhbilito di fare: cosi fu fatto. Ne’ primi complimenti il Gentiluomo, che non sapea la noflra congiura, prefeoc catione da un come ita ella? di dirci, che le