Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/158

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146 Dialogo Quarto.

ra, dacché IV è after varo l’occhio ratto migliarfi affatto alla camera ofcura artificiate; non già* così la durezza de’ corpi, la gravità, la luce, e i colori, intorno alle cagioni, delle quali cofe non fi può che indovinare; il che quanto fi a perieolofo, voi avere già feda io, nel lira ma de’ gìobetti del Defcarres, per non parlare della Riforma; a cui dopo tanti applaufi e tanti rapimenti, à bifognato pure alla fine rinunziare. Il medelìmo immaginatevi pure, che fucceda a quanti fi Ile mi generali fi fon veduti fin’ora intorno alle cagioni delle cofe; i quali a grand* Imperj fomiglianri, vacillano per la loro mede fi mi mole e grandezza, Dunque, dille la Marchefa, quel perchè, che tanto eccita la noftra cu ri afidi, ci farà afeofo mai fempre, e il piacer d’indovinar qualche co fa, che è così generalmente gufhuo dagli uomini, non lo farà da’ Filofofi. Voi non. volete certamente s ciò dicendo, far l’Elogio della Jor condizione.

L’indovinare, rifpos’io, fecondo ciò che dice uno de’ più ingegnofi Autori del Mondo, non è penne Ho, che nella Geometria, in cui la certezza de* principj fe non ci guida dirittamente a ciò che li cerca, non ci guida però mai a nulla di contrario, e ci ricompro fa fempre coli’ equivalente. Ma quaF incertezza ed incotìanza nella Fifica? Gli uni tengono che fi dia il voto, o fpazio privo di ogni corpo, gli altri vogliono che ogni cofa fia corpo. Quella divertita d’opinioni ne* principj, non può ch’eiTcre.una miniera d’infinite quiltioni nel progredito; le quali splendono per fino allo iìabilire qual fu Tenenza, o natura