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Dialogo Quarto. 155

conofcitore, e gioverà molto più alla perfezion dell'Architettura, che tutti i loggiati di Smeral- do, o di Diamante fognati da' Poeti» per ornare i palagi delle lor Fate.

Il vostro conofcitore, diffe la Marchefa, non poni cecamente ne ammirar, nè conofeer le bel- lezze della colonna, per bene antica , e propor- zionata ch'ella fia, s'egli non fa prima, che cos'è una colonna . E come potremo noi, in grazia, co- nofeer le proprietà della luce, e de' colori, fenza fiabilir, che cofa e' fieno, come mi dite che il Si- gnor Newton fa, e fenza fpiegarne prima la na- tura ? Il Defcartes, tutto che il fuo fiftema fia fiato difgraziato , mi dice , che fe un raggio di luce incontra nelle parti folide di un corpo , ri- balza indietro, e fi riflette , ed io il comprendo beniffimo, poiché egli mi à detto prima, un rag- gio di luce , non effere che una filza di piccioli globetti . Ma in qual maniera comprenderò io le nuove difeoperte intorno alla luce , fe prima non mi dire ciò ch'ella fi a? Qual cofa, rifpos'io, è più ofeura della natura del moto de' mufcolì nel nofiro corpo, e della cagione die ffo? Checché ne abbiano detto i Filofofi, i quali quanto più di- cono fopra la cagione di una cofa, tanto meno la- rdano di fperanza di conofcerla . E pure uu' ec- cellente Pittore, un Michel- Angelo avendofi fat- to per via di replicate oflervazioni alcune regole generali, non avrebbe lafciato di dirvi, come fa- cendo il corpo un tal moto, o una tal forza, cer- ti mufcoli fi debbano innalzare , e per cosi dire «Icir del corpo , e certi altri abballare , e depri-