Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/304

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292 Dialogo Sesto.

ne di trafparente opaco. La omogeneità e quella in cut ricercar fi dee la cagione della apparenza. Se in un corpo vi faranno molti pori i, > e che quelli riempiuti fieno di una materia ditteremi: da quella del corpo roecìefìtno, fuccederanno alla luce mille rifrazioni, e nfleflioni ne le interne parti di elio, coficchè ella ne verrà ad onere allatto e fi ima. L’aria cella di efler trafparente, quand’è nuvolofa, benché fia più leggiera della focena, e confeguentemenre più poroia. La fu a opacità da altro non può venire, fe non dall’efler lei in quel tempo eterogenea; il che la foffrire a’ raggi della luce, che per effa pallano mille rifleffioni, e rifrazioni, onde vengono ad efler ben tolto foffocati ed ertimi. Cosi pure la piccante fchiuma del dehztofo vino di Champagne verfata da una delira mano alle dilicate cene di Parigi, è opaca, benché più porofa, e leggiera dei vino medefimo. Quindi pare dedurli poifa un argomento, che i Cieli non pofean efler pietà di una materia, quantunque rara ella tinger il rolla, quantunque tutta quella, che dentro il vallo Orbe di Saturno contenuta iofle, e 1 pori della quale non eccedeflero la più picciola larghezza, che concepir poffiate, la potette unita ch’ella foffe perfettamente mueme, e lenza alcun vano Tramezzo fingere in un pugno. Che mi dite voi mai? efclamò la Marchefa. Coretto Nevvtonianifmo è egli il Vello d’oro, alla cui conquirta non fi debba andare, che attraver o {Dille (Wai portenti, e domando prima mille ajoftii dell’immaginazione? Credete voi, le