Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/56

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44 Dialogo Primo.

bella ch’ella sia, non mi debba più dar pena. Cotesto si è pur, rispos’io, un ridur le cose al semplice, levando via quella distinzione, che aveavi tra i colori veri, e gli apparenti. Ma il vostro interesse e l’amor proprio, che vi fa temere di non perdere i vostri gigli e le vostre rose, per parlarvi nel nobile stile pastorale, â prevaluto questa volta al vostro amore per la simplicità. Io scommetterei che non in ogni Paese le Dame avrebbono in ciò tanti scrupoli. Ma come che sia, il fatto si è, che voi non potete, salvo l’onor vostro, accettar un sistema, e non volerne poi ammetter le conseguenze. Ne’ corpi altro non v’â, come abbiam detto, che una certa disposizione e tessitura di parti, e ne’ globetti della luce un certo moto di rotazione, che queste parti dan loro; e questi poi solleticando e scuotendo in certa maniera i nervetti della retina, che è una sottilissima membrana o pellicella nel fondo dell’occhio, ci fanno concepire un certo colore, che noi coll’animo al corpo, da cui ci vengono i globetti di luce, riferiamo. Ma mi pare che vengan già avvertire esser tempo, che andiamo a sentire qual sapore noi questa mattina riferiremo coll’animo alla zuppa. Riferiremo coll’animo? ripigliò ella. Io non so se colui, che dopo tre ore si studia a realmente darglielo, si accomoderà cosi facilmente con voi altri Filosofi, che volete ridurre ogni cosa all’apparenza. Io vi prego, rispos’io, a non fargliene far parola, ch’egli non è persona da disgustarsi per così poco, come è un’opinione di Filosofia. Ma bisognerebbe pur