Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/183

Da Wikisource.

purgatorio - canto v 177

     io cominciai: «El par che tu mi nieghi,
o luce mia, espresso in alcun testo,
30che decreto del cielo orazion pieghi;
     e questa gente prega pur di questo:
sarebbe dunque loro speme vana,
33o non m’è ’l detto tuo ben manifesto?»
     Ed elli a me: «la mia scrittura è piana,
e la speranza di costor non falla,
36se ben si guarda con la mente sana:
     ché cima di giudicio non s’avvalla
perché foco d’amor compia in un punto
39ciò che de’ sodisfar chi qui si stalla;
     e lá dov’io fermai cotesto punto
non s’ammendava, per pregar, difetto,
42perché ’l priego da Dio era disgiunto.
     Veramente a cosí alto sospetto
non ti fermar, se quella nol ti dice
45che lume fia tra ’l vero e lo ’ntelletto:
     non so se ’ntendi... io dico di Beatrice!
tu la vedrai di sopra, in su la vetta
48di questo monte, ridere e felice».
     E io: «Signore, andiamo a maggior fretta,
che giá non m’affatico come dianzi,
51e vedi omai che ’l poggio l’ombra getta».
     «Noi anderem con questo giorno innanzi»
rispose «quanto piú potremo omai;
54ma ’l fatto è d’altra forma che non stanzi.
     Prima che sie lá su, tornar vedrai
colui che giá si cuopre de la costa,
57sí che’ suoi raggi tu romper non fai.
     Ma vedi lá un’anima che posta
sola soletta inverso noi riguarda:
60quella ne ’nsegnerá la via piú tosta».
     Venimmo a lei: o anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa
63e nel mover de li occhi onesta e tarda!