Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/271

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purgatorio - canto xxv 265

     «Se la veduta eterna li dislego»
rispose Stazio «lá dove tu sie,
33discolpi me non potert’ io far nego».
     Poi cominciò: «Se le parole mie,
figlio, la mente tua guarda e riceve,
36lume ti fiero al come che tu die.
     Sangue perfetto, che mai non si beve
da l’assetate vene, e si rimane
39quasi alimento che di mensa leve,
     prende nel core a tutte membra umane
virtute informativa, come quello
42ch’a farsi quelle per le vene váne.
     Ancor digesto, scende ov’è piú bello
tacer che dire; e quindi poscia geme
45sovr’altrui sangue in natural vasello.
     Ivi s’accoglie l’uno e l’altro insieme,
l’un disposto a patire, e l’altro a fare
48per lo perfetto loco onde si preme;
     e giunto lui, comincia ad operare
coagulando prima, e poi avviva
51ciò che per sua materia fe’ constare.
     Anima fatta la virtute attiva
qual d’una pianta, in tanto differente
54che questa è in via e quella è giá a riva,
     tanto ovra poi, che giá si move e sente,
come fungo marino; e indi imprende
57ad organar le posse ond’è semente.
     Or si spiega, figliuolo, or si distende
la virtú ch’è dal cor del generante,
60dove natura a tutte membra intende.
     Ma come d’animal divegna fante,
non vedi tu ancor: quest’è tal punto
63che piú savio di te fe’ giá errante,
     sí che per sua dottrina fe’ disgiunto
da l’anima il possibile intelletto,
66perché da lui non vide organo assunto.