Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/331

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CANTO IV

     Intra due cibi, distanti e moventi
d’un modo, prima si morría di fame,
3che liber’uom l’un recasse ai denti;
     sí si starebbe un agno intra due brame
di fieri lupi, igualmente temendo;
6sí si starebbe un cane intra due dame:
     per che, s’i’ mi tacea, me non riprendo,
da li miei dubbi d’un modo sospinto,
9poi ch’era necessario, né commendo.
     Io mi tacea, ma ’l mio disir dipinto
m’era nel viso, e ’l dimandar con ello,
12piú caldo assai che per parlar distinto.
     Fe’ sí Beatrice, qual fe’ Daniello
Nabuccodonosor levando d’ira,
15che l’avea fatto ingiustamente fello;
     e disse: «Io veggio ben come ti tira
uno e altro disio, sí che tua cura
18se stessa lega sí che fuor non spira.
     Tu argomenti: ‛ Se ’l buon voler dura,
la violenza altrui per qual ragione
21di meritar mi scema la misura ’?
     Ancor di dubitar ti dá cagione
parer tornarsi l’anime a le stelle,
24secondo la sentenza di Platone.
     Queste son le question che nel tuo velle
pontano igualemente; e però pria
27tratterò quella che piú ha di felle.