Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/339

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paradiso - canto v 333

     sí vid’io ben piú di mille splendori
trarsi ver noi, ed in ciascun s’udía:
105«Ecco chi crescerá li nostri amori».
     E sí come ciascuno a noi venía,
vedeasi l’ombra piena di letizia
108nel fulgor chiaro che di lei uscía.
     Pensa, lettor, se quel che qui s’inizia
non procedesse, come tu avresti
111di piú savere angosciosa carizia;
     e per te vederai come da questi
m’era in disio d’udir lor condizioni,
114sí come a li occhi mi fur manifesti.
     «O bene nato, a cui veder li troni
del triunfo eternal concede grazia
117prima che la milizia s’abbandoni,
     del lume che per tutto il ciel si spazia
noi semo accesi; e però, se disii
120di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».
     Cosí da un di quelli spirti pii
detto mi fu; e da Beatrice: «Dí, dí
123sicuramente, e credi come a dii».
     «Io veggio ben sí come tu t’annidi
nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,
126perch’e’ corusca sí come tu ridi;
     ma non so chi tu se’, né perché aggi,
anima degna, il grado de la spera
129che si vela a’ mortai con altrui raggi».
     Questo diss’io diritto a la lumera
che pria m’avea parlato; ond’ella fessi
132lucente piú assai di quel ch’ell’era.
     Sí come il sol che si cela elli stessi
per troppa luce, come ’l caldo ha róse
135le temperanze de’ vapori spessi;
     per piú letizia sí mi si nascose
dentro al suo raggio la figura santa;
138e cosí chiusa chiusa mi rispose
     nel modo che ’l seguente canto canta.