Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/372

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366 la divina commedia

     e ne li sterpi eretici percosse
l’impeto suo, piú vivamente quivi
102dove le resistenze eran piú grosse.
     Di lui si fecer poi diversi rivi
onde l’orto cattolico si riga,
105sí che i suoi arbuscelli stan piú vivi.
     Se tal fu l’una rota de la biga
in che la Santa Chiesa si difese
108e vinse in campo la sua civil briga,
     ben ti dovrebbe assai esser palese
l’eccellenza de l’altra, di cui Tomma
111dinanzi al mio venir fu sí cortese.
     Ma l’orbita che fe’ la parte somma
di sua circunferenza, è derelitta,
114sí ch’è la muffa dov’era la gromma:
     la sua famiglia, che si mosse dritta
coi piedi a le sue orme, è tanto vòlta,
117che quel dinanzi a quel di retro gitta;
     e tosto si vedrá da la ricolta
de la mala coltura, quando il loglio
120si lagnerá che l’arca li sia tolta.
     Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
nostro volume, ancor trovería carta
123u’ leggerebbe ‛ I’ mi son quel ch’i’ soglio ’;
     ma non fia da Casal, né d’Acquasparta,
lá onde vegnon tali a la scrittura,
126ch’uno la fugge, e altro la coarta.
     Io son la vita di Bonaventura
da Bagnoregio, che ne’ grandi offici
129sempre posposi la sinistra cura.
     Illuminato ed Augustin son quici,
che fur de’ primi scalzi poverelli
132che nel capestro a Dio si fero amici.
     Ugo da San Vittore è qui con elli,
e Pietro Mangiadore, e Pietro Ispano
135lo qual giú luce in dodici libelli;