Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/377

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paradiso - canto xiii 371

     non, si est dare primum motum esse,
o se del mezzo cerchio far si puote
102triangol sí ch’un retto non avesse.
     Onde, se ciò ch’io dissi e questo note,
regal prudenza è quel vedere impari
105in che lo stral di mia ’ntenzion percote;
     e se al ‛ surse ’ drizzi li occhi chiari,
vedrai aver solamente rispetto
108ai regi, che son molti, e i buon son rari.
     Con questa distinzion prendi ’l mio detto;
e cosí puote star con quel che credi
111del primo padre e del nostro Diletto.
     E questo ti sia sempre piombo a’ piedi,
per farti mover lento, com’uom lasso,
114e al sí e al no che tu non vedi:
     ché quelli è tra li stolti bene a basso,
che senza distinzione afferma e nega
117cosí ne l’un come ne l’altro passo;
     perch’elli ’ncontra che piú volte piega
l’opinion corrente in falsa parte,
120e poi l’affetto l’intelletto lega.
     Vie piú che ’ndarno da riva si parte,
perché non torna tal qual e’ si move,
123chi pesca per lo vero e non ha l’arte:
     e di ciò sono al mondo aperte prove
Parmenide, Melisso, e Brisso, e molti,
126li quali andavano e non sapean dove;
     sí fe’ Sabellio e Arrio e quelli stolti
che furon come spade a le Scritture
129in render torti li diritti vólti.
     Non sien le genti ancor troppo sicure
a giudicar, sí come quei che stima
132le biade in campo pria che sien mature:
     ch’i’ ho veduto tutto il verno prima
lo prun mostrarsi rigido e feroce,
135poscia portar la rosa in su la cima;