Quel de la Pressa sapeva giá come
regger si vuole, ed avea Galigaio 102dorata in casa sua giá l’elsa e ’l pome.
Grand’era giá la colonna del Vaio,
Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci 105e Galli e quei ch’arrossan per lo staio.
Lo ceppo di che nacquero i Calfucci
era giá grande, e giá eran tratti 108a le curule Sizii e Arrigucci.
Oh quali io vidi quei che son disfatti
per lor superbia! e le palle de l’oro 111fiorían Fiorenza in tutti suoi gran fatti.
Cosí faceano i padri di coloro
che, sempre che la vostra chiesa vaca, 114si fanno grassi stando a concistoro.
L’oltracotata schiatta che s’indraca
dietro a chi fugge, e a chi mostra ’l dente 117o ver la borsa, com’agnel si placa,
giá venía su, ma di piccola gente;
sí che non piacque a Ubertin Donato 120che poi il suocero il fe’ lor parente.
Giá era il Caponsacco nel mercato
disceso giú da Fiesole, e giá era 123buon cittadino Giuda e Infangato.
Io dirò cosa incredibile e vera:
nel picciol cerchio s’entrava per porta 126che si nomava da quei de la Pera.
Ciascun che de la bella insegna porta
del gran barone il cui nome e ’l cui pregio 129la festa di Tommaso riconforta,
da esso ebbe milizia e privilegio;
avvegna che con popol si rauni 132oggi colui che la fascia col fregio.
Giá eran Gualterotti e Importuni;
e ancor saría Borgo piú quieto, 135se di novi vicin fosser digiuni.