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478 la divina commedia

pure è pieno d’incertezze, e irto di difficoltá, quando si viene ai casi particolari, per la storia dei suoni, delle preferenze, delle dottrine, degli errori, per la simultaneitá delle forme, per l’interpetrazione e riduzione dei segni, ecc. Valga come esempio l’ormai famoso etterno. Dante avrá preferito questa forma, certamente corrente dal latino medievale? C’è chi ci giurerebbe; e chi afferma invece che debba essere normalmente rifiutata, come voce plebea che non poteva gradire a Dante, come non gradiva al Petrarca, che una sola volta la scrisse di sua mano. La scienza non è punto d’accordo.

Ma quanto piú il problema è difficile, tanto piú è bello l’impegno d’assolverlo, almeno sino a quel punto in cui può essere assolto. Anzi sarebbe da reclamare che l’edizione scientifica non avesse di mira altro che la risoluzione scientifica, ex integro, senza alcun riguardo che la possa impacciare: riguardo che non manca, e non viene nascosto, e nasce proprio dalla preoccupazione di non riuscire a un effetto poco pratico, il quale invece non dovrebbe toccarla. Se mai l’edizione nazionale, che dovrá essere monumento, documento e pietra di paragone, porterá, per es.:

la bocca mi basciò tutto tremante,

vorrá dire che storicamente è piú vera la rappresentazione di quel suono; e in sede scientifica non stará meno bene.

La questione pratica è un’altra: di secondare e agevolare l’intelligenza e il piacere della lettura del testo, salva la veritá e la storia nel suo concreto: e a me pare che oggi non si possa rivolvere altrimenti che con un compromesso tra la scienza e la tradizione, sulla guida del buon gusto. Non sono parole, se si definiscono con chiarezza.

Prima di tutto si domanda: il gusto di chi? È un’obbiezione forte, quanto quella che si fa alla ricostruzione integrale, ch’è impossibile in assoluto: perché non c’è neanche un buon gusto assoluto. Ma se si risponde francamente: il gusto individuale, che muova dal consenso e sia atto a promuoverlo, che sia fondato sulla tradizione e la conoscenza, si è risposto assai; almeno quanto con la ricostruzione piú approssimata si risponde all’obbiezione della ricostruzione assoluta, impossibile.

In questo senso l’individuo non è, per sé, piú l’uno dell’altro, ma chi si è studiato di accogliere e raccogliere il meglio; ed