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86 DE VULGARI ELOQUENTIA.


sguardo alla garrulità di certi poeti, pur tuttavia presuntuosi di cimentarsi al paragone de’ valentissimi cantori o dicitori in rima: Purg., i, 12.

42. Talis actus (del parlare delle piche o d’altri animali bruti) locutio non est, sed quædam imiiatio soni nostræ vocis. Perocchè non hanno ragione, nè per queste voci intendono alcuna cosa significare; ma solo quello che vedono, ripresentano, siccome la immagine delle corpora in alcuno specchio lucido si rappresenta. Onde, siccome nello specchio la immagine corporale che lo specchio dimostra, non è vera; così l’immagine della ragione, cioè il parlare che l’anima bruta ripresenta ovvero dimostra, non è vera: Conv., iii, 7. Ed ecco che Dante pur sempre, nell’un modo o nell’altro, pone il suggello sopra l’Opere sue, tanto che il negargliene una, nol si potrehbe fare senza disconoscere la verità di tutte e l’unità di quella gran Mente, che per virtù singolarissima vi signoreggia.



Lin. 2 Circa discretionem, etc. Il Trissino intese questo vocabolo per separazione, ma al Torri parve a buon dritto, che si dovesse intendere per discrezione, al modo che Dante ne insegna nel Convito (i, 11), come pur in principio di questo Libro sulla Volgare Eloquenza. Al che non pose mente il Fraticelli, recando quella voce al significato stesso, che discernimento. Del rimanente, a meglio comprendere il testo sovrallegato, vuolsi far avvertenza, che sono varie e distinte le virtù proprie della mente umana, vale a dire, la scientifica, la consigliativa e la giudicativa, e altre molte: Conv., iv, 2.

7. Per spiritualem speculationem, che dal Trissino s’interpreta semplicemente per speculazione, sembra che in modo più spiegato possa intendersi per ispecchiamento spirituale o atto di contemplazione, onde gli angelici Intelletti, riguardando in Dio, penetrano di riflesso gli uni negli altri col rimandarsi a vicenda la luce ricevuta: «Intelligentiæ infe-