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122 DE VULGARI ELOQUENTIA.


non nella lor forma sarda domo e dominu o domne; ma bensì nella loro forma latina, poichè vuol dire soltanto che i Sardi adoperano, in luogo dell’italiano casa, il latino «domus,» e in luogo dell’italiano signore, il latino «dominus.» Io m’immagino, del resto, che il Poeta scrivesse non «nova,» ma «mea,» in accordo col seguente «dominus meus,» avendo i Sardi nell’uso di «nova» nessuna differenza dai rimanenti Italiani.» (Cfr. Der Sardinische Dialect des dreizehnten Jahrhunderts: Bonn, 1868.) Pur nullameno, e di più perchè «nova» dovrebbe indi escludersi per l’istessa ragione che si esclude «mea,» tengo per fermo che ivi sia da leggere piuttosto «novas,» terminazione prettamente latina. E v’ha difatti in Sardegna nella provincia di Cagliari un paese nominato tuttora «Domus novas,» che suole anco scriversi in una voce sola, e s’adopera nel caso retto siccome negli obliqui.



Lin. 1. Exacceratis quodammodo Vulgaribus Italis. Scostandosi a buona ragione dalla Volgata «ex acceratis,» parve al Corbinelli che si avesse a leggere in participio assoluto «Exacceratis.» Ed invero, oltre che così porta il Codice Vat., poco appresso si ridice: «Intuearis ergo, lector, quantum ad exacceranda egregia verba te cribrare oportet:» Vulg. El., ii, 7. La sì dura metafora, dedotta dal crivello o vaglio, s’incontra bene spesso in questo Libro, dove si prendono a severa disamina i Volgari italici. Ma anche nella stessa Commedia il Poeta si piacque usarla pur quando accenna com’egli, alle richieste dell’apostolo Giovanni, dovette a più angusto vaglio far conoscere qual fosse ii vivo amore che gli possedeva l’anima tutta: xxvi, 23.

3. Honorabilius atque honorificientius. L’uno o l’altro di questi due aggiunti mi sembra siasi scambiato con «decentius o condecentius,» che qui si richiederebbe in accordo con quanto s’era premesso: «decentiorem atque illustrem Italiæ venemur loquelam:» lin. 2.