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Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/185

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la ginevra italiana 171

un altro carabiniere: li aveva mandati a chiamare l’ostessa perchè eran capitate all’osteria due “brutte facce.„ Il Gamalero entra nella stanza grande. A sinistra della porta d’entrata, all’estremità d’una lunga tavola, c’erano i due avventori sospetti, seduti l’uno in faccia all’altro, che avevano smesso di mangiare. Il brigadiere, ritto davanti a loro, col carabiniere accanto, — un mingherlino, un po’ tonto, — li interrogava. Un po’ più in là, a un’altra tavola, stava cenando un altro avventore, un negoziante di bovi, corpulento, che osservava con curiosità quella scena. — Appena entrato, disse il Gamalero, appena vidi la faccia di quello seduto di fronte alla porta, dissi subito tra me: — Quello è Delpero. — Era un giovine sui ventisei anni, d’alta statura, coi capelli neri e la barba nera, d’una pallidezza di morto. Il Gamalero s’andò a piantare alle spalle di lui, vicinissimo, senza fiatare; e il brigadiere gli fece un cenno col viso: — Occhio alle mani dell’amico. — Intanto continuava a interrogare. Richiesti delle carte, gli avevan presentato un passaporto e un certificato patentemente falsi: i connotati non corrispondevano, le firme eran tutte della stessa mano. L’uno si faceva passare per un mercante d’agrumi, l’altro per un negoziante di vino. Il brigadiere incalzava con le interrogazioni, e osservava intanto che una tasca della giacchetta del più grande presentava un rilievo singolare. — Datemi di nuovo il passaporto, — gli disse, — e alzatevi, che riconosca un’altra volta la statura. — To’! — gridò allora il Delpero cacciando fuori con rapidità